Con l’arrivo della primavera, la voglia di shopping e il cambio del guardaroba crescono progressivamente perché con le belle giornate si fa avanti la voglia di uscire e sfoggiare qualche nuova chicca, mostrando al mondo che sotto cappotti e sciarpe esistono anche altri capi, coperti nei mesi precedenti solo per necessità. Così cercando qualche accessorio o nuovo capo da acquistare, ho incominciato a digitare parole chiave, cercare store digitali, reference su pinterest e consigli su TikTok, con la mirata idea di trovare una sneaker interessante, magari marrone, casual per il lavoro o comoda per qualche gita fuori porta. Delusa dai risultati ho abbandonato l’idea dello shopping ma aprire il telefono per fare ricerca vuol dire soltanto perdersi in uno spazio dove il tempo è un fattore indefinito e dove gli input che il nostro cervello riceve sono molteplici e non per forza collegati fra loro. Dopo aver cercato brand di scarpe, rivisto in loop la pubblicità di Calvin Klein con Bad Bunny, letto qualche articolo sul previsto crollo delle vendite di Gucci, essermi accertata sulla salute del papa e commossa sui video della storia di Donatella, ho proseguito la mia routine domenicale. Eppure in momenti sparsi della giornata, nei feed di tutti i social, soltanto una cosa attirava la mia attenzione: sneakers marroni. Ho quindi riflettuto sulla funzionalità dell’algoritmo che capta una nostra ricerca e ci inserisce in un loop che noi crediamo di aver scatenato quando in realtà ne siamo solamente vittime inconsapevoli. Il mio cervello ormai stimolato da diversi input e ragionamenti ha deciso di andare a fondo sulla questione comprendendo quanto questo meccanismo sia estremamente perituro. Basta infatti un nuovo input e la proposta cambia. Come in tutti i trend, la viralità di un oggetto, una frase o una persona è una situazione passeggera che se da un lato è un metodo di diffusione velocissimo dall’altro contribuisce alla perdita di sostanza delle cose divenute virali. Tutto questo ha cambiato in parte anche la moda perché siamo sempre più interessati (sia in termini di acquisto che di semplice ricerca) a qualcosa che è sotto i riflettori anche se solo per poco tempo. Un designer, una tendenza o in più grande scala un brand sono in un sistema fragile in cui il rivale più grande è l’impercettibilità. Per quanto il virale sia solo momentaneo, quell’istante è fondamentale per aumentare la visibilità e la maggioranza si accontenta di piccoli momenti di gloria, mai vincenti però rispetto alla riconoscibilità costruita nel tempo. C’è da domandarsi se ad un certo punto cambierà il modo di vedere le cose e se ci chiederemo finalmente se siamo interessati ad un argomento perché è rilevante nella nostra vita o solo perché è alla portata di tutti.