/IDEE E NOMI

Nell’ultimo anno, l’incessante rinnovo delle direzioni creative di importanti brand dello scenario internazionale ha trasformato la moda in fenomeno da baraccone, aumentando dubbi e incertezze di un sistema già in grande difficoltà. Louise Trotter da Bottega Veneta, Margiela investe saggiamente in Glenn Martens, Gucci si arrende di fronte le scelte di Kering e viene conquistato da Demna Gvasalia (trovate su Immobiliare.it l’annuncio della casa di nuovo in vendita di Hedi Slimane), Giorgio Armani non lascia il posto fisso, Donatella si infortuna negli ultimi minuti di gioco ed entra in campo Dario Vitale, Balenciaga in TBD, Loewe che approfitta del 2x1… insomma la teoria dell’importante è partecipare sta prendendo troppo il sopravvento.
In questo caos generale la domanda che sorge spontanea riguarda il destino della moda ma soprattutto dei brand continuamente sottoposti a rinnovi stilistici non sempre positivi. È chiaro come un brand nel 2025 debba la sua fama non ad un nome bensì ad una serie di elementi costruiti con il tempo che hanno contribuito ad aumentarne la riconoscibilità. Soltanto poche maison sono tutt’oggi associate ai loro iconici direttori creativi ma l’esempio di Versace delle scorse settimane è l’ennesimo campanellino di allarme che aiuta a comprendere come la percezione della moda stia cambiando e come adesso più che mai servano dei tratti distinguibili che non ci facciamo sempre e solo parlare di moda “innovativa”. Ogni direttore creativo porta il suo stile e le sue idee all’interno delle collezioni ma alcuni tratti della casa di moda andrebbero sempre mantenuti per non rischiare di snaturare il concetto che sta dietro un semplice capo.
Non parlo di elementi iconografici e neanche di capi iconici ma di riconoscibilità acquisita nel tempo grazie al concetto intrinseco, all’ideologia che ha sempre dato spessore ad un brand piuttosto che ad un altro. L’estetica sovversiva di Prada, la silhouette decostruita di Balenciaga, il “Less is more” di Chanel, l’eleganza teatrale di Dior, la sensualità androgina di Saint Laurent, sono tratti che non andrebbero mai abbandonati e che possono ancora determinare lo status di un brand nonostante cambi creativi e sfilate contemporanee.
Sarà importante vedere se come da Valentino gli elementi d’archivio e il concetto alla base di un brand verranno studiati e adeguatamente mescolati alle idee del nuovo direttore creativo o se al contrario i brand, vittime dei cambiamenti, subiranno uno stravolgimento radicale fino a quando l’essenza del brand verrà dimenticata. Entrambe le situazioni hanno scenari che non si possono prevedere e non sappiamo ancora se per uscire dalla crisi la moda abbia bisogno di rifugiarsi nelle certezze del passato o ambire a trasformazioni future.
   
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