Mentre i big della moda sono distratti dall’attesa dei debutti e dalle aspettative focalizzate su Parigi e Milano, il fashion month è già iniziato, mostrando uno spettacolo che passa spesso inosservato. Ad aprire il mese delle sfilate è stata New York come ogni anno seguita da Londra, portavoce di una moda che meriterebbe un’attenzione maggiore e a cui ho deciso di dedicare uno spazio nel mio articolo domenicale. La London Fashion Week è iniziata da pochi giorni ma, forse causa errore del mio algoritmo, non ha trovato quell’appiglio mediatico che invece da anni è la fortuna delle fashion week di Milano e Parigi. Che sia la moda inglese o la debole comunicazione degli eventi di Londra, la conseguenza è chiara: la percezione dei brand inglesi è troppo sottovalutata. Brand come Richard Quinn, Maximilian Raynor, Harris Reed, Burberry, Mark Fast che hanno sfilato o sfileranno durante la London Fashion Week, parlano di una moda all’avanguardia e più originale, una moda che non guarda soltanto alle vendite ma dà importanza al prodotto che rispecchia sempre l’identità del brand. Non un colore di riferimento, non un elemento caratteristico che si ripete ma idee diverse a seconda del progetto, spesso rappresentato da giovani e nuovi nomi della scena della moda. Pochi nepo baby alla direzione creativa e largo spazio a nuove proposte (a differenza di Parigi e Milano, da tempo al centro di ripescaggi infiniti). Le sfilate inglesi sono la rappresentazione di una moda sartoriale che non ha limiti. Un viaggio ironico, visivamente impattante, con contaminazioni culturali e silhouette che non seguono schemi. La moda inglese sembra non avere paura, come se tutto non ruotasse attorno alla pressione delle vendite o alla dimostrazione di qualcosa. Senza sforzi, le ultime sfilate di Londra raccontano di una moda libera, energica, contemporanea e più raggiungibile, urbana e con pochi fronzoli. Questi elementi, anche se spesso non vengono considerati, mettono Londra in una posizione di vantaggio rispetto alle altre fashion week. Londra infatti, anticipando la Milano Fashion Week, è un importantissimo metro di paragone per valutare le tendenze di Milano che negli ultimi anni hanno diviso il pubblico a metà. C’è chi considera Milano la versione più commerciale della moda inglese chi invece non parla di comunicazione ma di prodotto. La maggioranza trova che la famosa qualità italiana sia stata completamente oscurata dalla necessità di vendita, che le collezioni siano tanto concettuali quanto poco innovative e che il prodotto rimanga invece di bassa qualità. Ciò che rimane indubbio è che le collezioni di Londra parlano di progetti e idee che non hanno perso negli anni un elemento fondamentale della moda ossia la desiderabilità. Un prodotto può avere una forte comunicazione, le modelle in passerella possono essere sostituite da celebrities del momento, le influencer tra il pubblico possono essere tra le più forti del web, il budget per la location può essere altissimo ma non si deve perdere il focus che le sfilate devono avere: un prodotto che invogli all’acquisto anziché essere solo instagrammabile, non solo vendibile ma dalla forte identità e qualità.